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12. Per grazia ricevuta

Una breve analisi formale degli ex voto

Ma dal punto di vista formale la caratteristica essenziale degli ex voto è soprattutto un’altra, meno immediatamente visibile ma più profonda: la loro capacità di contrarre il tempo.
Immagine rappresentativa
Sono come dei film concentrati in un solo fotogramma. Capaci non solo di restituirci in un’istantanea una intera visione del mondo, ma soprattutto di condensare in unico lampo una sequenza temporale fatta invece di momenti ben distinti: il disastro occorso, l’invocazione levata al cielo e l’intervento del Santo.
É evidente che l’azione non si svolge nel tempo fisico ma in quello soprannaturale. Un tempo sacro nel quale non esistono il prima e il dopo.

Che invece ricompaiono fuori dalla scena. “Riconoscenza” significa infatti l’aver riconosciuto, a posteriori, l’autore del prodigio. Poi viene il momento della richiesta all’artigiano di dargli volto, assieme ai beneficati. E dopo ancora si entra nel periodo occorrente all’esecuzione materiale dell’opera.
Siamo tornati nel tempo terreno, fatto di momenti in successione, di cause ed effetti; di intenzioni, di atti e di conseguenze.

D’altra parte è solo per questo tempo terreno e provvisorio che la grazia è stata chiesta: gli ex voto non invocano la salvazione eterna dell’anima, chiedono solo la salvezza presente dell’uomo.

Ed è in questo tempo ordinario che se ne immaginano gli effetti: l’ex voto non ne parla, non mette in scena i risultati del miracolo. Semplicemente immobilizza l’intervento celeste nell’attimo del suo accadere.
Ma nel contempo, con la sua presenza, lo certifica come avvenuto.

Questo tempo terreno si dilata poi fino al gesto che completa il ciclo, cioè la deposizione dell’oggetto votivo. Ovvero la pubblicazione del proprio resoconto, reso spesso inequivocabile dalle didascalie apposte in calce, che riferiscono come ci si sia salvati “Per Grazia Ricevuta”.


Sono forse tutti questi gli elementi che rendono dirompente la potenza evocativa e la tensione emotiva riconoscibile in queste pitture. Assieme alla loro lontananza dalle sottigliezze intellettuali, dalle sfumature e da certe altre malizie espressive dell’arte colta.
Il loro orizzonte ideologico è più nitido, rispondono a una semplicità di pensiero geometrica e lineare: un sommo vertice imperscrutabile, delle figure mediane mobili e benigne, la precarietà dell’esistenza terrena.

Il loro modi espressivi sono spesso didascalici, ripetitivi e poveri, ma sempre molto netti ed espliciti nel loro senso complessivo.

Siamo lontani dalle metafore astratte dell’arte colta, che si interessa dei massimi sistemi, attinge alle Sacre Scritture e fa i conti con la complessità della dottrina: i suoi panorami sono sofisticati, ambiscono alla pacificazione e celebrano l’universalità.

L’arte popolare degli ex voto offre invece degli squarci individuali, che attingono dalla vita quotidiana e ne rappresentano da vicino le lacerazioni. Vedute soggettive, che distillano tribolazioni patite in prima persona e ne riportano il rimedio al mondo celeste. Come delle finestrelle che dal particolare si affaccino sull’universale.

Dall’universale al particolare l’arte colta; dal particolare all’universale l’arte popolare degli ex voto.
Immagine rappresentativa
Ed è ancora una volta la dimensione del tempo, assieme allo status dei contraenti, a rimarcare la differenza.

L’ex voto risponde al tempo sorvegliato, stretto e inderogabile di una promessa che rende conto a un superiore vincolo ultraterreno: il suo impegno straordinario e urgente è contratto col mondo celeste.

L’arte sacra ufficiale risponde a un semplice accordo sui tempi di consegna, stabilito fra pari. Un patto ordinario e contingente, negoziato con un semplice committente occasionale: il suo impegno è interamente contrattato nel mondo terreno.