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10. Ex voto suscepto

Gli ex voto come testimonianze di fede

Lasciata alle spalle la luce aperta del Santuario e varcata la soglia della chiesa, dalla penombra emerge lentamente una costellazione variegata di testimonianze: piccoli quadri, vecchi stendardi, fotografie scolorite, cuori d’argento, ricami su pezze di lino ingiallito. Sono gli ex voto dedicati a San Costantino.
Immagine rappresentativa
Esposti alle pareti, appoggiati agli sporti dei muri e appesi alle colonne occupano ogni spazio, sgranandosi in una galleria di episodi della malasorte, sempre scampata per intercessione diretta del Santo.
Un percorso denso e incoerente, che devoti e curiosi scorrono in raccoglimento, immersi nella suggestione di un tempio quasi sempre deserto.

Taluni, nel trasporto della visita, si sporgono a toccare qualche rappresentazione votiva, in un gesto di partecipazione propiziatoria, fiduciosi di trovarsi nel luogo dove il santo può accorgersi più facilmente di loro.

I santuari sono infatti centri di appartenenza, di rappresentazione collettiva e di conferma della comunità dei fedeli. Soste obbligate e ricorsive del loro assegnamento e del loro dialogo confidente col protettore.

Ex voto suscepto è una espressione latina: significa “conseguente alla promessa assunta”. Si tratta dunque della certificazione di un debito contratto in un momento difficile, da esibire al Santo ma soprattutto agli occhi di tutti: offerti al cielo ma rivolti alla comunità, della quale in un certo senso costituiscono la storia illustrata.

Dal loro campionario assortito affiorano i tratti distintivi di una teologia pratica contrapposta all’intellettualismo dottrinale: tra il sommo dei cieli e questa valle di lacrime esistono delle figure vigili e benigne, che dal Paradiso dei Santi vegliano con attenzione sui nostri passi terreni. Costituiscono il tramite privilegiato della grazia e sono intesi da una parte come una sorta di luogotenenza divina, che guarda in basso e riferisce in alto, e dall’altra come una delegazione terrena, pronta a segnalare nel dettaglio i dolori umani presso l’alto dei cieli.

Già chi sezis collocadu
[Giacché sedete stabilmente]
in cussa sedia de onore,
[in quella sedia d’onore]
siades nostru avvocadu
[siate nostro avvocato]
Costantinu Imperadore.
[Costantino Imperatore]

Così recitano i Gosos, i canti novenali in sardo dedicati al santo, dove Costantino è definito “avvocato”. Cioè patrocinatore delle nostre cause presso il giudizio superiore, e poi tramite esecutore della grazia risolutiva. “Intercessore”, per il lessico liturgico, parola che la teologia attinge storicamente dalla nomenclatura giuridica, dove significa precisamente “garante”.

E a dare uno sguardo più a fondo, all’origine latina del termine, ben si capisce come la sua adozione teologica sia particolarmente felice, perché ricca di un senso duplice: inter cedere significa “passare attraverso”, ovvero squarciare la frontiera tra la terra e il cielo e additare alla sovrabbondante grazia divina il varco attraverso il quale mostrarsi quaggiù, come ben testimoniano gli ex voto dipinti; ma anche significa “mettersi tra”, cioè frapporre una mano misericordiosa fra i rovesci della vita e i salvati.

È facile immaginare quanto una spinta devozionale radicata e potente come quella verso un santo considerato più vicino e più “proprio”, specie in tempi passati abbia favorito, qui come altrove, delle autonome “fughe in avanti” del culto. Sempre vagliate con accortezza, e a volte sanzionate come improprie, dalla dottrina ufficiale della Chiesa.

Nella spontanea adorazione popolare, Costantino appare infatti a momenti più simile a un eroe omerico che a un santo immacolato: è un amico, e come tale viene umanizzato e perfino dotato di emozioni. Complice forse la sua figura vigorosa di condottiero appassionato, capace di pacificare con la saggezza ma anche con la spada. Un Santo guerriero, molto diverso dalle figure miti, tenui e remote della maggior parte degli altri santi.

Nello slancio del fervore devozionale si arriva quasi a considerare la sua azione come operata in proprio.
E non come semplice emanazione partecipe dell’essenza purissima e indicibile di Dio, come invece stabiliscono severamente l’autorità dei Concili, le sentenze dei Padri della Chiesa e i pronunciamenti papali.