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9. Costantino e la Sardegna

Il rito bizantino e quello latino nell’isola

Strettamente intrecciata alla storia che separa politicamente e culturalmente l’Occidente latino-germanico dall’Oriente bizantino, corre quella della Chiesa Orientale, che sempre più si allontana dalla Chiesa romana.
Al vertice della Chiesa di Roma siede il Pontefice, al vertice di quella d’Oriente siede invece il Patriarca.
Immagine rappresentativa
Nel VI secolo la politica dell’imperatore Giustiniano introduce in Oriente, e cerca di imporre anche in Occidente, la prassi cesaropapista, con la quale vengono attribuiti al sovrano poteri direttivi e di controllo sulla Chiesa. Il tentativo porta a un contrasto deciso con il papato: una contrapposizione che le diversità della liturgia, della teologia, del monachesimo e della stessa struttura delle due chiese non possono che aggravare.
Alla rottura definitiva si arriva con lo scisma del 1054, sotto il patriarca d’Oriente Michele Cerulario: è il passo conclusivo di un lungo cammino durante il quale le due Chiese sono cresciute in autonomia, allontanandosi sempre più l’una dall’altra.

Da un punto di vista strettamente dogmatico i motivi delle divergenze furono numerosi.

Tra i più importanti l’aggiunta del Filioque al Credo, da parte della Chiesa di Roma: la formula, che a partire dal sinodo di Toledo, nel 589, integra il testo greco originale e stabilisce che lo Spirito Santo procede non solo dal Padre ma anche “dal Figlio”. Già nel 867 il patriarca di Costantinopoli Fozio l’aveva rifiutata fermamente, accusando di eresia il papa Nicolò I.
A questa disputa, che rimase irrisolta, si aggiungevano altre questioni, relative alla natura delle pene del purgatorio, alla celebrazione dell’Eucaristia, alla Consacrazione Sacerdotale.
Oltre all’affermazione del proprio primato da parte della Chiesa di Roma.
Tutte questioni che, nell’ambito di una cultura come quella di cui parliamo, essenzialmente religiosa, assumevano un’importanza capitale.
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Intanto, dopo il 1054, col distacco della Chiesa d’Oriente da quella di Roma, la Sardegna, che segue la liturgia e i culti greci, si trova in una posizione critica: vescovi e monaci da tempo legati a Bisanzio non possono più far conto su un vero sostegno politico e religioso. Pisa e Genova vanno estendendo il proprio dominio nell’isola, che rientra velocemente nell’orbita della Chiesa romana. Il papa, interessato al ritorno della Sardegna al rito latino, favorisce l’invio dei monaci Cassinesi, dei Vittorini di Marsiglia e di altri Benedettini, che ricevono il sostegno dei quattro Giudicati tra i quali è diviso il territorio dell’isola.

I monaci orientali, per non sottomettersi alle disposizioni di Roma, abbandonano la Sardegna.

Qui come altrove, nel ritirarsi, lasciano sul campo doni preziosi. Possedimenti e terre ben coltivate, tradizioni materiali e spirituali che avranno ancora seguito per lungo tempo, santi veneratissimi che non vedranno diminuito il loro seguito per ragioni che appaiono astratte e lontane.

I monaci latini si impegnano a proseguire l’opera di quelli bizantini: sovrappongono il rito romano a quello greco e sostituiscono coi santi d’occidente quelli d’oriente. Ma il segno profondo lasciato da questi ultimi nell’animo del popolo non si cancellerà facilmente, e infine la Chiesa di Roma li accoglierà nel proprio seno, seppure riportandoli alle forme del rito latino.

È così che il culto di Costantino nell’isola sopravvive alle vicende complesse del periodo, ed è così che ci è tramandato. Tra i primi documenti che lo attestano sono due frammenti marmorei, databili tra X e XI secolo, nella chiesa parrocchiale di Nuraminis; un sigillo vescovile del 1265 ritrovato a Norbello; il documento che certifica l’assegnazione della prebenda di San Costantino al canonico Giovanni Battista Puzzone nel 1584; un calice d’argento nel cui piede si trova l’iscrizione Calix Sancti Constantini – Beneficiatus canonicus Sisinius Loi – 1613.

E delle vicende del Santo imperatore rimarrà segno anche nell’architettura: rimarrà nella cattedrale di
San Pietro di Bosa, nella cui facciata, costruita dai Cistercensi nel XIII secolo, è a tutt’oggi visibile un architrave che porta scolpita la figura dell’imperatore accanto alla Madonna, tra gli apostoli Pietro e Paolo.

E rimarrà nella chiesa di San Costantino di Sedilo: spariti i monaci bizantini, i sacerdoti locali continueranno anche qui ad assicurare al Santo continuità nella vita liturgica: fino ai giorni nostri, non è mai mancato chi si curasse con amore del santuario.

Qui il custode si chiama ancora con una parola di origine greca: eremitanu.