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Santa Sofia in Costantinopoli e le prime chiese di Sardegna
L’impero Romano, che Costantino ha voluto unificare sotto l’egida del cristianesimo, approfondisce nel corso di pochi decenni il solco che separa un Oriente greco unito da un Occidente ormai diviso in una congerie di piccoli stati, senza più una capitale capace di contenere le spinte centrifughe.
Roma, allontanata dal cuore dell’Europa e priva della parte del senato trasferitasi a Bisanzio, non è più in grado di resistere alle invasioni dei barbari e nel 476 è costretta a capitolare.
E mentre L’Impero Romano d’Occidente si spegne per lasciar spazio al nostro Medioevo, Bisanzio, la culla della cristianità ortodossa, rinasce e attraversa un millennio illuminato dallo splendore dei mosaici di Santa Sofia e dall’oro delle icone. Saranno secoli colorati dalla porpora dei fasti imperiali e dal sangue degli invasori arabi, dei bulgari e dei crociati.
Nella nuova capitale l’imperatore viene ora incoronato dal patriarca, e si presenta così come eletto da Dio: è il suo vicario, e occupa nella città terrena la posizione che Dio occupa in quella celeste. La natura stessa del potere che incarna giustifica così il suo intervento nella vita della Chiesa.
La corte di Costantinopoli è diventata un sontuoso mistero in cui l’imperatore impersona il ruolo di Cristo, e la chiesa di Santa Sofia è il primo teatro dei complessi rituali in cui culmina la sua investitura.
È una costruzione grandiosa, sormontata da una cupola che supera i sessanta metri di altezza, controbilanciata da pilastri massicci, archi rampanti, contrafforti, volte e semi-cupole. Un’enormità dalla quale il fedele si sente sovrastato. I suoi architetti, Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto, estranei all’ambiente dei maestri costruttori romani, hanno il coraggio e il genio di progettare un edificio che non ha precedenti, e nel 537 Giustiniano potrà vantarsi di aver superato in grandezza, con questa chiesa, lo stesso Salomone. Santa Sofia è una mirabile sintesi tra il modello architettonico a impianto centrale e quello basilicale, dove il misterioso e l’impalpabile sostituiscono il visibile e la solida concretezza. E dove l’arte e le sottigliezze del disegno riescono a nascondere la struttura materiale, così come i passi leggeri del ballerino dissimulano lo sforzo nella danza. È il passaggio in cui l’architettura bizantina conquista la sua cifra peculiare, che impronterà tutte le chiese di allora, fin dove giunge il respiro dell’Impero.
E tra i luoghi lontani c’è la Sardegna.
Dopo la vittoria sui Vandali del 533, i bizantini si stabiliscono nell’Isola, per rimanerci sino alla fine del millennio. Funzionari, monaci ed ecclesiastici greci arrivano al seguito dei militari: nelle cancellerie e nelle chiese si diffonde l’uso della lingua greca, l’agricoltura e l’artigianato trovano nuovo slancio; la cultura, la religione e l’arte subiscono anche qui profonde trasformazioni.
Ed è sempre nel VI secolo, presso il cimitero cristiano della futura Cagliari, che viene eretta, su modello di Santa Sofia, con pianta a croce greca e grande cupola, la basilica di San Saturno: è ancora l’equilibrio rigoroso dell’architettura romana che incontra lo slancio della spiritualità orientale.
L’impianto centrale del martyrion di San Saturno ricomparirà nella chiesa sulcitana di Sant’Antioco. Più tardi nella chiesa campestre di Sant’Elia, nel territorio di Nuxis. E ancora impronterà la chiesa di San Giovanni Battista ad Assemini.
I monaci bizantini, i cosiddetti basiliani, stanno conquistando alla fede il cuore dell’Isola. Celebrano le loro liturgie, introducono il culto della Vergine Assunta e dei santi orientali, con i nomi dei quali si battezzano bambini e luoghi. E tra i santi più venerati è Costantino. Il suo culto, in Oriente, unito a quello di S. Elena, è fervido.
In vita è annoverato dai padri del Concilio di Nicea tra i santi Apostoli, e dopo la sua morte, nel 337, questo onore viene riconfermato.
E se il suo nome non entra di fatto nel calendario della Chiesa Romana, nel libro liturgico bizantino-greco, al 21 maggio si legge: “Memoria dei gloriosi santi da Dio coronati e uguali agli apostoli Costantino ed Elena imperatori”.
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