Scelte rapide:

Sei in: home page › le stazioni del museo › 6. dalla domus ecclesiae alla ba


6. Dalla domus ecclesiae alla basilica romana

Le prime trasformazioni nell’architettura sacra

L’Editto di Tolleranza consente al Cristianesimo di manifestarsi alla luce del sole. Uscito dalla clandestinità prende a organizzarsi sul modello dell’amministrazione pubblica romana, della quale entra anche a far parte. I suoi orizzonti si allargano e la Chiesa mira adesso alla stessa universalità dell’Impero. Diventa cioè “ecumenica”.

Il mutamento culturale prodotto nel mondo romano è profondo, e si rispecchia visibilmente in tutte le arti.
Immagine rappresentativa
In particolare nell’architettura sacra, che deve ora assecondare le nuove forme della liturgia: la semplicità dei riti originari ha lasciato il posto a cerimonie sempre più elaborate, e la modestia dei primi luoghi di culto non è più adeguata a ospitarle. Ma il passaggio è graduale: le prime chiese erette durante il regno di Costantino conservano molte caratteristiche dei vecchi luoghi di culto cristiani. Il modello che le ispira è ancora quello delle domus ecclesiae, le normali abitazioni private che accoglievano i fedeli riuniti in preghiera e che distinguevano semplicemente la sala di adunanza dall’ambiente riservato al rito del battesimo.

Le nuove chiese hanno bisogno di interni spaziosi per accogliere un numero sempre crescente di fedeli. Inoltre diventano luoghi pubblici, aperti a tutti.
Ci sono poi ragioni più sottili, legate alle peculiarità del culto e alle nuove esigenze della liturgia.

Tra le vecchie domus ecclesiae e la grandiosità delle nuove basiliche intercorre una complessa rielaborazione degli elementi costitutivi della vecchia architettura, sia quella sacra che quella civile. E questi elementi, nel nuovo contesto religioso, assumono significati simbolici del tutto diversi.

Delle precedenti domus, le prime grandi costruzioni del periodo costantiniano hanno la semplicità del prospetto, di quanto cioè è visibile dall’esterno; degli edifici pubblici, in particolare della basilica romana, ereditano invece l’ampiezza degli ambienti, divisi in navate da file di colonne.

Davanti all’ingresso si trova ora un atrio quadrato, circondato da un portico, che nel lato addossato alla facciata delinea il nartece, lo spazio riservato ai catecumeni, cioè a coloro che aspirano a divenire cristiani ma ancora non hanno ricevuto il battesimo.

L’interno si sviluppa longitudinalmente, in una fuga prospettica che culmina nell’altare. È inoltre diviso in aree separate e al clero sono riservati il presbiterio e l’abside, ovvero l’incavo semicircolare o poligonale posto alle spalle dell’altare, nel quale trova posto la cattedra vescovile.

Ai lati del recinto dei cantori, proteso verso la navata centrale, stavano due pulpiti, gli amboni, dai quali si dava lettura ai Vangeli e alle Epistole.

I fedeli, rigorosamente divisi per sesso, erano invece accolti nelle navate laterali.

Nel frattempo le chiese d’Oriente mostrano un’alternativa importante al modello basilicale appena descritto, adottando la pianta centrale, circolare o poligonale. Una forma derivata dall’architettura greca e latina, che il cristianesimo aveva fatto propria già nel martyrion. Era, questo, l’edificio che sorgeva accanto alla chiesa, ed era deputato ad accogliere ed esporre le spoglie dei martiri, i “testimoni della fede”, secondo il significato originario del termine.

Così nei secoli a venire, tra Oriente e Occidente anche l’architettura segnerà una divaricazione e un allontanamento crescenti.

Nelle regioni sotto l’egida della Chiesa d’Oriente si diffondono soprattutto gli edifici a impianto centrale, più consoni a quella liturgia, che ugualmente va definendo sempre più dettagliatamente i suoi spazi e le sue divisioni funzionali.

L’impianto basilicale guida invece lo sviluppo dell’architettura sacra della Chiesa d’Occidente.
Gli edifici sacri assumono ora quei caratteri che rimarranno sostanzialmente immutati per tutto il periodo romanico, e detteranno le linee guida degli sviluppi dei secoli successivi.

Sparisce il nartece, perché l’uso di battezzare i bambini poco dopo la nascita rende superfluo lo spazio dedicato ai catecumeni, e si accede all’interno in modo diretto.

Tra le navate e la parete di fondo, davanti all’abside, troverà spazio il transetto, spesso occupato da un presbiterio elevato, sotto il quale saranno custodite le reliquie dei santi. E la navata centrale andrà a incontrarlo, per comporre in pianta una croce: è questa ormai l’impronta essenziale, il simbolo su cui la chiesa deve poggiare.