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Il riconoscimento del Cristianesimo e le grandi riforme dello stato
A partire dalla fine del III secolo con l’imperatore Aureliano, e poi ancora con Diocleziano, lo stato romano era andato assumendo sempre più la forma della monarchia assoluta. Costantino porta a compimento questa trasformazione. Tutte le istituzioni dello stato vengono da lui profondamente rivisitate: gli apparati centrali e quelli periferici, le istituzioni amministrative, le forze armate, la giustizia. La stessa corte imperiale cambia volto, complicandosi di cerimoniali e nuove gerarchie di titoli e onori. Ministri e dignitari sono nominati direttamente dall’Imperatore, che torna anche al diritto di successione ereditario, quello combattuto con ogni mezzo da Diocleziano. Né si parla più di tetrarchia: il potere ora è fortemente centralizzato e tenuto in pugno dalla sola figura dell’Imperatore, che è anche comandante in capo di tutto l’esercito imperiale.
Multiplo d'oro di Costantino [verso]
Anche il denaro cambia volto: la moneta di riferimento è adesso il solidus, coniato nell’oro, che sostituisce la precedente follis, coniata nell’argento, ora rivalutata per decreto e sostituita con la più leggera siliqua. Gli storici raccontano di buoni esiti iniziali di queste manovre di politica economica. Ma le spese erano state enormi: la fondazione di Costantinopoli, il trasferimento della capitale, la riforma delle istituzione dello stato e il suo complesso armamentario burocratico, la quantità e la ricchezza delle opere pubbliche, lo sfarzo dei monumenti e degli edifici di culto portarono a un inesorabile peggioramento della situazione economica generale dell’Impero. Per farvi fronte Costantino istituì nuove tasse, sulla proprietà terriera e sui commerci.
Multiplo d'oro di Costantino [recto]
Ma l'importanza del suo regno è legata soprattutto all’apertura verso il Cristianesimo, il cui riconoscimento ufficiale in tutto l’Impero fu sancito da numerose leggi. A partire dall'Editto di tolleranza, che impone tra l’altro di restituire ai cristiani, sia alle comunità che ai privati cittadini, i beni precedentemente confiscati.
Una legge del 313 salvaguarda i sacerdoti cattolici dalle ingiurie degli eretici; una del 315 minaccia gravi sanzioni agli ebrei che perseguitino i loro correligionari convertiti al cristianesimo. Nel 319 un’altra ancora concede ai sacerdoti cristiani delle speciali immunità, e una successiva vieta ai sacerdoti pagani la pratica dell’aruspicina, la lettura del futuro nelle viscere di animali appositamente sacrificati. Ancora nel 320 il divieto viene confermato, salvo il caso in cui qualche fulmine colpisca un edificio pubblico: si legge in quest’ultimo provvedimento tutta la prudenza di un Imperatore che si muove in un ambiente culturale ancora largamente intriso di paganesimo. Che non gli impedisce di emanare, nel 312, una disposizione che consente ai cittadini di fare testamento a favore della Chiesa. Poi, nel 321, in ossequio alle Sacre Scritture, istituisce la domenica come giorno di riposo ufficiale e nel 323 minaccia gravi pene a chi provi a costringere i cristiani a partecipare a cerimonie pagane.
Atanasio il Grande, Cirillo di Alessandria e Ignazio di Antiochia
(primi vescovi) [fine XV secolo]
Sono tutti provvedimenti che accompagnano la parabola ascendente della nuova religione, che da setta perseguitata si avvia a divenire la religione ufficiale dello stato. Come è visibile nella numismatica: dal 314 in poi nelle monete compaiono la croce e il monogramma cristiano, e spariscono i simboli legati al paganesimo.
La benevolenza di Costantino verso il Cristianesimo è crescente, e anche personalmente sembra avvicinarsi sempre più a questa nuova sensibilità. Ma dopo la vittoria su Licinio è soprattutto la ragion di stato a suggerirgli di tenere in conto sempre maggiore la religione cristiana, ormai maggioritaria presso i popoli d’Oriente sui quali andava a governare in prima persona. Sarà l’Editto agli Orientali, nel 324, a ufficializzare la sua posizione personale di convertito e a formalizzare la sua esortazione ai sudditi di fare altrettanto.
Il paganesimo lascia così posto al Cristianesimo, percorrendo a ritroso la sua parabola: da religione ufficiale dello stato a pratica “consentita”, in nome di quella tolleranza che informò ogni azione del grande sovrano.
Anche la prassi giudiziaria assume nuovi principi, ispirati alla buona novella. I vescovi vengono invitati a partecipare delle decisioni dei tribunali, e ai sudditi viene data la possibilità di scegliere di essere giudicati dai ministri di culto.
Molte altre leggi si informano alla nuova morale: viene punito l’omicidio degli schiavi e vietata la separazione delle loro famiglie in caso di cessione parziale delle proprietà in cui queste lavorano; vengono proibiti i giochi gladiatori, decisione coraggiosa in un tempo in cui costituiscono ancora uno dei passatempi prediletti del popolo. Viene condannato l’adulterio e ogni forma di concubinato, in rispetto alla dignità della persona predicata per la prima volta dai Vangeli. In nome della quale si riconosce anche la legittimazione dei figli nati fuori dal matrimonio.
Sono altrettanti accoglimenti di una nuova morale, di un nuovo modo di intendere la vita pubblica e quella privata. Un modo che, nei secoli a venire, traccerà le direttrici culturali della storia, in oriente e in occidente.
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